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Professionisti quali contributori al miglioramento del Sistema-Paese

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Potete leggere l'articolo "Professionisti quali contributori al miglioramento del Sistema-Paese" apparso sulla rivista Urfi (numero zero, giugno 2012) cliccando qui: LEGGi

 

 

 Qui l'articolo:

 

Sarà capitato a chiunque di noi, pur assorbito dalla frenesia della vita quotidiana  densa  com'è di appuntamenti, obiettivi e performance da rispettare, di fermarsi talvolta a riflettere su cosa fare per migliorare il funzionamento dell’esperienza di vita da cittadino in Italia, cioè il Sistema-Paese. Me lo sono chiesto molte volte, e qualcuna di esse mi ha dato un feedback di ritorno, che qui vorrei ora condividere con Voi.

È ormai acclarata  la circostanza che  la Crisi sia strutturale e non congiunturale, nonostante  alcune pervicaci negazioni che sono state fino all'ultimo portate avanti, pur dinanzi all'evidenza dei fatti. Significa che è entrato in crisi non un momento dipendente dal trend fisiologico del ciclo economico che alterna a fasi di elevata crescita, fasi di minor crescita, ma è andato in crisi un Sistema complesso, di base, strutturale appunto.

 

 


Ovvero che  non   basta  attendere che “passi la nottata'' per  risvegliarsi con  un  nuovo  luminoso giorno, come tutte le altre crisi che dal dopoguerra ad oggi si sono a noi rivelate, e con cui siamo stati abituati a confrontarci. Qui è entrato in crisi un Sistema, che non  è solo di tipo  economico, ma di tipo sociale, di tipo politico, e direi anche di tipo finalistico ed esistenziale.


Alcune caratteristiche fondanti del "fare  impresa" in tutto il mondo hanno dimostrato tutto il loro limite, in paragone  ai destinatari  della effettiva distribuzione del  valore  aggiunto prodotto, e al consumo di  beni  collettivi, quali: ambiente,  aria, acqua, risorse naturali, conoscenza, progresso. Come può  mantenersi in equilibrio  e soprattutto come può  essere alla lunga sostenibile  un Sistema che fondi  la sua essenza  sulla crescita  continua  e inarrestabile, quando le risorse naturali per produrla sono  loro stesse limitate e non infinite?

È una contraddizione in termini. Soprattutto come può mantenersi in equilibrio un Sistema che per produrre valore aggiunto  privato, sottrae  valore aggiunto  collettivo, nella misura  in cui l'aumento del primo è assai minore dell'ampia diminuzione del secondo? Alla lunga questa impostazione di sistema non può reggere, semplicemente perché  è inefficiente.  

E finora  è  stata  possibile anche  perché il valore  collettivo non possiede efficaci e universali forme di misurazione come il valore privato. Ecco quindi che gli uomini più sensibili e attenti ai segnali di rischio implosione iniziano a ragionare su cosa fare per  affrontare il problema per tempo con modalità strategiche non-convenzionali.

Per cui desidero  focalizzare l'attenzione all'aspetto della questione che  può  essere  affrontato con il contributo della grande e preziosa esperienza delle Professioni italiane; restringendo in campo di analisi all'Italia. Le nostre Professioni fanno parte del Sistema-Paese; vi sono  pienamente integrate  e ne conoscono a fondo pregi e difetti e traggono  da questo  la loro stessa  ontologica ragione di esistenza e di consistenza. La Storia d'Italia ci riporta alle Corporazioni delle arti e professioni che grande lustro hanno dato nei secoli all'inventiva e alla capacita del nostro Paese di eccellere in molti ambiti della cultura e del sapere. E di fornire personaggi che  sono  entrati nella Storia  dell'umanità per il progresso che  hanno saputo  esprimere.  Questo ingente  patrimonio di conoscenza nazionale deve essere ora mantenuto e riorientato. Mantenuto perché gli effetti in progressione geometrica della crisi stanno colpendo pesantemente non  solo il mondo produttivo delle imprese;  ma stanno falcidiando  anche il mondo intellettuale delle professioni, sicché occorre preservare e mantenere il sapere tecnico sinora accumulato, per poterlo poi trasferire  alle generazioni successive. Sarebbe un danno  collettivo disperdere il sapere tecnico, assistendo inermi alla chiusura e cessazione di Studi e realtà professionali,  solo  perché  non  in grado  di adattarsi ai cambiamenti. 

Riorientato perché le professioni ora hanno un’ottima opportunità di accreditamento sociale  del loro essere e del loro continuare ad esistete, nella misura in cui sapranno ritagliarsi un ruolo  nello svolgere quelle attività che tendono ad accrescere il valore provato, senza far diminuire quello collettivo, ma anzi facendo aumentare il valore aggiunto collettivo più di quello privato. Non  potrà più essere aprioristicamente considerato l'effetto di un'attività  professionale  sui  valori collettivi,  pensando di  fare unica valutazione su quelli privati.


Le professioni, poi, hanno una forte e radicata presenza sul territorio, e questo fa di esse un ottimo trait-d’union con  la cittadinanza, per veicolare serie ipotesi di  miglioramento. Il miglioramento del Sistema Paese passa per il miglioramento dei cittadini che  ne  fanno  parte,  e la  presenza capillare  sul territorio  delle professioni e l'ampiezza  del sapere tecnico  di cui sono  espressione è uno  strumento fenomenale per far passare il nuovo meme. L'impronta sociale (Social FootPrint) dell’agire delle Libere Professioni potrà diventare il principale elemento caratterizzante di un nuovo quanto necessario meme di effettivo  cambiamento a tutti i livelli del SistemaPaese italiano. Avulso da reminiscenze gattopardesche per le quali il cambiamento sia finalizzato acchè nulla cambi. E lontano dal borbonico “facite ammuina” per il quale sia sufficiente dare l'idea di attivismo  senza  niente  sotto,  ma  con  il convinto agire sui valori condivisi in cui le Professioni possono riconoscersi  e farsi interpreti, ciascuna nella sua specificità e nel suo sapere tecnico.

La crisi porta in sè movimento e grandi cambiamenti, che possono essere acquisiti a fatti propri dal mondo delle Professioni, forte di oltre 2 milioni di appartenenti con un elevato livello di cultura. Le Professioni hanno ora una gigantesca opportunità nella rivalutazione agli occhi dell’Opinione Pubblica  delle loro funzioni “necessarie” e della loro elevata spendibilità sociale, nella misura in cui riescano a creare le condizioni per migliorare il SistemaPaese, sì da renderlo effettivamente un mondo italiano al quale le persone desiderano appartenere.

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